L’importanza di comunicare: voci dalla Tavola Rotonda (3)

By Emilia Campagna - June 2, 2019
Riflessioni sulla comunicazione tra vecchi e nuovi media e costruzione di comunità

MANTOVA – Parte con un appello Michele Dall’Ongaro, Presidente e Sovrintendente dell’Accademia di Santa Cecilia e primo dei relatori della terza parte della tavola rotonda dedicata a Mantova a mecenatismo e comunicazione: “Impegnamoci tutti a dedicare a una operazione di lobbing una parte del nostro budget destinato alla comunicazione: sogno una martellante campagna per avere finalmente l’educazione musicale nelle scuole di ogni ordine e grado.” Cita Mascagni, e dopo lui Berlinguer, politici che si sono dedicati a questa battaglia nel silenzio generale. Perchè comunicare è importante, ma più importante ancora è avere orecchie che ascoltino. “Il pubblico è estremamente influenzato dall’esperienza che fa in giovane età: per chi viene da una famiglia in cui si ascolta musica è più naturale continuare a farlo anche in età adulta. Vale lo stesso per chi fa esperienza della musica a scuola o attraverso un’attività amatoriale: per questo alle nostre attività più tradizionali abbiamo affiancato cori e orchestre giovanili e una presenza di video sui canali social. Ma non solo: abbiamo interprellato direttamente i giovani, li abbiamo fatti parlare, ne sono uscite delle idee bellissime.” Perchè non basta fare cose belle, bisogna creare le condizioni per una condivisione che è anche costruzione di comunità. Questo vale anche per la ricerca dei fondi: “Una volta bastava presentarsi come Accademia di Santa Cecilia: ora non più e non perchè il nome non pesi. È cambiato il linguaggio e sono cambiate le motivazioni: ora è necessario parlare di etica e di valori condivisi.”

Di comunicazione che cambia ha parlato anche Barbara Minghetti, Direttrice dello Sferisterio di Macerata, richiamando però alla necessità di non considerare la comunicazione il centro del problema: “Al centro deve esserci sempre il contenuto, il progetto; piuttosto, ciò che è cambiato è il fatto che esiste – e non esisteva anni fa – una dimensione orizzontale in cui le competenze si incontro. Penso alla sfera “educational” di cui non si parlava fino a un po’ di anni fa.” E i social? Sono importanti, sì, ma non sono tutto: “Credo che per comunicare bene si debba tornare anche alla relazione personale, in cui l’empatia e l’emozione ci travolgano.”

Cambiano le istituzioni, cambia la comunicazione: Paolo Besana, Capo Ufficio Stampa della Scala ripercorre la strada fatta da quando la Scala viveva in “un’illusione di autosufficienza: vent’anni fa si erano ridotte le produzioni fino a 200 alzate di sipario l’anno e le recite erano sempre strapiene: col nuovo palcoscenico il numero di recite è aumentato e la Scala ha scoperto di avere bisogno di pubblico. Anche per questo negli anni abbiamo costruito un dialogo con le scuole che prima non c’era.” Però non bisogna mitizzare i nuovi media: i social, per Besana, non sono tutto: “Abbiamo un 15% di pubblico che viene a conoscenza degli spettacoli grazie ai manifesti affissi in strada, non è un dato da sottovalutare.” Piuttosto, quella dei social media è “una trasformazione che è anche un po’ antropologica: la tendenza è di promuovere la musica parlando di tuttìaltro, ovvero si esclude la musica dal discorso sulla musica.” D’altro canto, le nuove tecnologie offrono risorse ricchissime: “Stiamo concludendo il processo di digitalizzazione del nostro archivio e presto lo metteremo a disposizione.”

Le conclusioni ad Andrea Maulini, autore del volume “Comunicare la cultura oggi” (“sottolineo oggi, perchè domani tutto può cambiare”) ed esperto di marketing culturale: “Bisogna tenere presente che la cultura non può essere al servizio della comunicazione, ma è la comunicazione a dover essere a servizio della cultura: vale anche per il principio di innovazione, non si può chiedere alla comunicazione di innovare se non è il prodotto culturale in prima istanza a venire innovato.”

Art Bonus, come funziona?
Voci dalla Tavola Rotonda (2)

By Emilia Campagna - June 1, 2019
Nella seconda parte della tavola rotonda a Mantova si è parlato di Art Bonus, come funziona e come farne tesoro

MANTOVA – Non si può parlare di mecenatismo senza parlare di Art Bonus. Perlomeno dal 2014, quando è stata introdotta anche in Italia, come in altri paesi, la possibilità di avere uno sgravio fiscale del 65% sulle donazioni a tutela del patrimonio pubblico. Da lì a poco la platea si è allargata alle Fondazioni Lirico-Sinfoniche e ad altre realtà riconosciute dal FUS, il Fondo Unico per lo Spettacolo.

E alla tavola rotonda svolta a Mantova sul tema “Mecenatismo, art bonus e social media: risorse, idee e politiche a favore della musica e delle arti” la seconda sessione era proprio dedicata a lui, lo sgravio fiscale più desiderato dagli operatori culturali.

A parlare innanzitutto di come conquistarselo era Lorenzo Anania, responsabile del fund raising di Kilowatt Festival, una manifestazione di Performing Arts che si svolge a Sansepolcro, un centro di provincia di 20000 abitanti. “Il Festival si svolge da 17 edizioni e negli anni abbiamo cercato di allargare le entrate attraverso altre fonti che non fossero i finanziamenti pubblici. L’Art Bonus ci ha permesso di farlo attraverso un lavoro di prospettiva, condividendo la nostra visione con le aziende: questo l’abbiamo fatto anche lavorando su contenuti ad hoc.” Insomma, non si tratta solo di chiedere dei soldi, ma di chiederli per un motivo. E il lavoro di Kilowatt è stato premiato: nel bilancio 2018 ha pesato per il 35%, in quello di quest’anno probabilmente per il 40% e Anania punta a superare il 50% e non nasconde il suo entusiasmo: “E’ una misura win-win perchè tutti hanno da guadagnarci, è una formula eccezionale.”

Di Art Bonus dal punto di vista tecnico ha parlato Carolina Botti, direttrice di Ales SpA, società che gestisce e promuove l’Art Bonus per conto del Ministero dei Beni Artistici e Culturali: “Il meccanismo che sta alla base dell’Art Bonus è semplice: lo Stato ha bisogno dei privati, chiede il loro contributo, ma non li lascia soli, anzi li affianca restituendo il 65% di quanto hanno donato. Abbiamo lavorato per favorire trasparenza e facilità di uso di questo strumento.” Semplice e utile, ma non per tutti: ci sarà spazio in futuro per le Associazioni che al momento non rientrano nell’elenco speciale del FUS? “Al momento l’Art Bonus si può destinare alla tutela del patrimonio o ad appunto quelle realtà come le Fondazioni Lirico-Sinfoniche o le orchestre riconosciute dal FUS. Un allargamento della platea è questione di copertura finanziaria: non si tratta tanto di una questione tecnica, quanto di una scelta politica.” Negli anni, l’Art Bonus ha comunque portato donazioni pari a 350 milioni di euro, da parte di 11000 donatori di cui 6000 privati cittadini: “Ovviamente il peso economico maggiore ce l’hanno le fondazioni bancarie, ma il coinvolgimento di privati cittadini ha un valore strategico enorme, di crescita culturale e sociale.”

Mecenatismo e comunicazione:
voci dalla Tavola Rotonda (1)

By Emilia Campagna - May 31, 2019
Tanti stimoli dalla tavola rotonda su mecenatismo e comunicazione organizzata a Mantova per Trame Sonore da Isituto Bruno Leoni

MANTOVA – “Mecenatismo, art bonus e social media: risorse, idee e politiche a favore della musica e delle arti”: erano tanti i temi della tavola rotonda organizzata da Bruno Leoni e Oficina Ocm a Mantova. La mattina è stata lunga e densa di interventi e di idee: noi l’abbiamo seguita tutta e in questo e nei prossimi post vi raccontiamo com’è andata.

I lavori sono stai introdotti da Angelo Foletto, che è partito dal concetto di mecenatismo come “cultura del dono” citando illustri esempi: “Parliamo di mecenatismo a casa dei Gonzaga; e parliamo di mecenatismo 2000 anni dopo la morte di Mecenate. L’interpretazione di mecenatismo di questi modelli ci ha dato qualcosa di cui ancora godiamo: ma come si interpreta o si favorisce oggi il mecenatismo?”

Dal gesto personale al sostegno strutturato

A rispondere, partendo dall’esperienza concreta è stata Elena Gaboardi, Vicepresidente di Fondazione ICONS, parlando del programma di perfezionamento musicale Theresia: “Theresia è nata da un gesto personale di mecenatismo privato, un gesto fondato su contenuti forti come la volontà di favorire il perfezionamento di giovani musicisti che eseguono repertorio classico sugli strumenti originali; a questo gesto personale negli anni si è affiancato qualcosa di più strutturato inserendo Theresia nelle attività di Fondazione ICONS. La qualità consolidata del progetto chiama oggi a un allargamento del supporto, ovvero a motivare nuovi mecenati, lavorando sulla reputazione e sull’immagine del progetto e sulla rete di potenziali donatori, ma anche su altri strumenti che affianchino il mecenatismo privato.” Ma come si attraggono i mecenati? “Dando il buon esempio, certo, ma soprattutto dando buone motivazioni: le buone cause per cui spendersi sono moltissime e il nostro progetto è molto specifico: ci vuole chiarezza, trasparenza e capacità di lavorare sulla responsabilità sociale.”

Mecenatismo, una questione di famiglia

Un’altra voce dal mondo del mecenatismo l’ha portata Roberto Brazzale, industriale del settore caseario ma anche “figlio di una concertista, organista che girava il mondo e che Asiago ha fondato un festival che tuttora è in attività, interamente sostenuto dalla mia famiglia con fondi privati e senza contributi pubblici. Facciamo concerti a ingresso libero perchè ci costerebbe di più gestire la burocrazia che regalare i concerti. Sul nostro territorio sosteniamo anche un’orchestra giovanile e scuole di musica.” Il suo modello è totalmente privatistico, e rivendica una personale “addizionale IRPEF alla musica” e la vocazione ad essere “compratori di musica anche per gli altri”

Fare incontrare arte, mecenatismo e marketing

Si dichiara invece votata al dialogo Giulia Pordd di Ashtart Creative Consultancy , che lavora per “fare incontrare arte e imprenditoria, logica della cultura e logica di impresa e suggerire alle imprese pratiche virtuose per la responsabilità sociale.” Lo ha fatto negli anni lavorando a un progetto di produzioni artistiche per il Gruppo Würth, alle residenze musicali presso la Cantina Lageder e ai percorsi di sostegno di talenti e inclusività sociale della Gaspari Foundation di Verona, tutte esperienze in cui imprenditori si sono convinti a investire sull’arte grazie a una visione condivisa e alla possibilità, data dal marketing, di misurare i reali risultati.

La cultura come impresa produttiva

Sul tema è intervenuto il Sindaco di Mantova Mattia Palazzi rivendicando il ruolo dell’ente pubblico, rigettando l’idea di eventi gratuiti e chiedendo un cambio di mentalità da una concezione volontaristica ad una professionale dell’organizzazione culturale: “Bisogna spostare le risorse dal prodotto al processo: il lavoro culturale è lavoro vero, va affidato a dei professionisti con competenze nel campo amministrativo, economico, gestionale.”