Tagli ai finanziamenti? C’è chi riparte dal crowdfunding. Alla grande.

By Emilia Campagna - August 12, 2015
Storia virtuosa dell'orchestra danese che all'indomani della chiusura (per taglio dei fondi statali) si è reinventata orchestra privata attraverso il crowdfunding

La settimana scorsa alcune orchestre e istituzioni musicali italiane hanno avuto un pessimo risveglio: la notizia era di quelle che non si vorrebbero avere, ovvero: totale cancellazione del finanziamento del Ministero della Cultura. In molti hanno promesso ricorsi e cause legali, perchè senza i fondi previsti la realizzazione delle attività diventa praticamente impossibile, con stagioni da cancellare e artisti da mandare a casa.

Una cosa simile era successa qualche mese fa in Danimarca, alla Danish National Chamber Orchestra, che in gennaio si è vista tagliare completamente, dopo 75 anni di onorata attività, i finanziamenti statali: il taglio equivaleva alla chiusura, anunciata peraltro in tempi brevissimi, con buona pace dei 42 posti di lavoro destinati a sfumare. “Apparentemente non c’è bisogno di altro che una riunione sul budget e tre mesi di tempo per chiudere un’orchestra di alta qualità” scrissero polemicamente i rappresentanti dell’orchestra danese, attivandosi subito per trovare una soluzione. Una soluzione chiamata crowdfunding, partita prima sulla piattaforma Kickstarter, poi spostata altrove per aggirare i limiti tecnici imposti dal sito sulle donazioni massime e sui tempi di raccolta. L’intento dichiarato da subito è stato quello di “stabilire una solida base economica perchè la Danish National Chamber Orchestra possa esistere come un’istituzione privata”. Finora le donazioni raccolte hanno raggiunto il 30 per centro dell’obiettivo di massima: 1,058,547 corone danesi su un obiettivo dichiarato di 3 milioni. Tradotta in euro, la cifra raccolta finora è di 420.000, un risultato che ha permesso di rilanciare l’orchestra e di non interrompere contratti di lavoro e attività. Ensemble popolarissimo per la sua capacità di far incontrare classica e pop in un’ottica di esecuzioni di altissimo livello, la DNCO è la prima orchestra pubblica a diventare privata, e dichiara “l’ambizione di portare avanti un “progetto orchestra” basato economicamente sugli introiti dei concerti, sulle relazioni economiche con realtà associative danesi e sul supporto di Fondazioni private”.

La vicenda ha attirato l’attenzione di molte testate internazionali, dal Guardian a Grammophone. Tom Service sul Guardian scrive: “In poche settimane l’orchestra ha dato vita a una nuova organizzazione giuridica per l’ensemble, e può realisticamente sperare in un futuro in cui sponsor privati e incassi provenienti dall’immensa varietà dei concerti – dal pop al rock al Mozart più fantasioso che possiate sperare di sentire – garantiscano un futuro per sè e per il proprio fedele pubblico”. Grammophone invece ha ospitato un articolo di Kreeta-Julia Heikkilä, spalla della DNCO, che amaramente si chiede quali siano i criteri che stanno dietro le scelte politiche in merito ai finanziamenti alla cultura. “La cultura e l’arte non sono apprezzate più per il capitale spirituale che portano, ma considerate solamente in termini di valore economico, motivo per cui si procede così facilmente ai tagli quando calano i fondi.” E denuncia il terribile costo che a lungo termine avrà l’impoverimento culturale causato dal mancato sostegno pubblico alla cultura. Insomma, il crowfunding vince (in Danimarca), ma la politica perde. In Italia e nel mondo.

Se un algoritmo fa chiudere le orchestre

By theresia - August 7, 2015
Molte associazioni culturali e istituzioni concertistiche che si sono viste tagliare inaspettatamente i fondi promettono ricorsi contro una situazione paradossale che secondo qualcuno ha come colpevole un algoritmo.

L’allarme l’ha lanciato oggi il giornalista e critico musicale Sandro Cappelletto sulle pagine della “La Stampa”: “La scure del governo taglia due terzi della musica italiana”, titola il quotidiano torinese, all’indomani della nota pubblicata sul sito del MiBAC, Ministero per i Beni Artistici e Culturali, con i numeri dei finanziamenti 2015 alla cultura: “Oltre 60 realtà musicali sono state «non ammesse al contributo», cioè condannate a morte. Molte altre, pesantemente penalizzate, alcune premiate. In più di un caso, sfuggono i criteri delle scelte e l’oggettività che doveva essere garantita dai parametri del nuovo decreto appare penalizzata da decisioni tutt’altro che inattaccabili. Perché 750 mila euro in più all’Orchestra Sinfonica Siciliana e 240 mila in meno alla Toscanini di Parma? E perché, mentre dal governo giungono continui inviti alla ricerca e alla sperimentazione, punire le realtà più attive, il Centro Ricerche Musicali, di livello assoluto, l’Ex Novo Ensemble di Venezia, storico gruppo dedicato alla contemporanea, l’Associazione Nuova Consonanza di Roma, palestra di tanti giovani compositori?” E nel suo editoriale Alberto Mattioli affonda: “Le startup dello spettacolo sono punite, premiati gli amici degli amici. Una perfetta selezione al contrario, pura macelleria culturale.”

Molte associazioni culturali e istituzioni concertistiche che si sono viste tagliare inaspettatamente i fondi (o addirittura azzerati, come è successo all’Orchestra dell’Università Roma Tre o al Cemat) promettono ricorsi contro una situazione paradossale che secondo qualcuno ha come colpevole un algoritmo. I nuovi criteri introdotti quest’anno sono infatti basati su un algoritmo che, come qualcuno temeva, ha dato risultati sorprendenti. E un mese fa, il 7 luglio, la compositrice Silvia Colasanti si era dimessa dalla Commissione del Fus incaricata di valutare le domande per i contributi 2015, proprio in segno di protesta contro l’inaffidabilità del sistema  La compositrice romana ha inviato una lettera al ministro Dario Franceschini e al direttore generale dello Spettacolo dal vivo Salvatore Nastasi, motivando la sua decisione col fatto che l’attuale legge (il D. M. del 1° luglio 2014 sullo spettacolo dal vivo) lascerebbe poco spazio all’aspetto qualitativo nella valutazione dell’attività delle varie istituzioni musicali, mettendola dunque nell’impossibilità di perseguire gli obiettivi culturali legati al suo ruolo. Eppure il direttore generale del Ministero, Salvatore Nastasi, che aveva fortemente voluto questi nuovi criteri, aveva affermato che avrebbero portato come risultato «non più finanziamenti soggettivi e discrezionali, ma esclusivamente basati sul merito e l’oggettività».

Il paradosso di agosto è la foglia di fico che cade dalle vergogne di un sistema spesso incapace di valutare l’arte, in cui alle magagne del favoritismo si risponde con l’esacerbazione delle pastoie burocratiche; baratri cui le riposte del mecenatismo privato sono ancora, soprattutto  nel mondo musicale, gocce nell’oceano.