A Mantova una tavola rotonda per parlare di nuovo mecenatismo e comunicazione

By Emilia Campagna - May 27, 2019
Intervista a Filippo Cavazzoni su nuovo mecenatismo e comunicazione, temi al centro di una tavola rotonda in cui si parlerà anche di Theresia e Fondazione iCons

Nuovo mecenatismo e uso delle nuove tecnologie saranno al centro di una tavola rotonda organizzata da Oficina OCM e Istituto Leoni e che si svolgerà a Mantova nell’ambito di Trame Sonore. Venerdì 31 maggio alle 10.30 presso Palazzo Castiglioni la tavola rotonda dal titolo “Mecenatismo, art bonus e social media: risorse, idee e politiche a favore della musica e delle arti”, rappresenterà un momento di riflessione e confronto con tutti gli operatori del settore, tra cui addetti ai lavori e musicisti, con lo scopo di affrontare temi di grande rilevanza per tutto il comparto attraverso specifiche sessioni coordinate dal giornalista musicale Angelo Foletto. Anche Fondazione ICONS sarà tra i protagonisti del dibattito legato al mecenatismo con l’intervento di Elena Gaboardi, Vice Presidente Fondazione ICONS.

Abbiamo chiesto qualche anticipazione a Filippo Cavazzoni, che per l’Istituto Bruno Leoni ha collaborato all’organizzazione dell’evento e che ne curerà l’intervento introduttivo.

Filippo Cavazzoni, la tavola rotonda si occuperà di mecenatismo, Art Bonus e social media: come avete individuato questi temi? Ritenete che siano queste le grandi sfide dell’organizzazione musicale in Italia?

“Questo è il quarto anno che come Istituto Bruno Leoni affianchiamo Oficina OCM nell’organizzazione di una tavola rotonda nell’ambito di Trame Sonore: ogni volta abbiamo cercato di dare un taglio operativo, delineando un evento pensato per addetti ai lavori che abbia ricadute estremamente pratiche. In questa edizione ci dedichiamo a quelli che appaiono essere i problemi urgenti del mondo musicale oggi, ovvero il reperimento di risorse al di là dei finanziamenti pubblici e il coinvolgimento di un nuovo pubblico.”

Quando parla di nuovo pubblico si riferisce ai giovani? C’è realmente un problema di invecchiamento del pubblico della classica?

“C’è nella misura in cui la musica classica continua ad essere percepita come qualcosa di difficile e i giovani sono impreparati e anche un po’ spaventati. Abbiamo un grosso limite in Italia dato dal fatto che la Storia della Musica è assente dai programmi scolastici e l’uso di nuove tecnologie può aiutare a rendere più comprensibile l’ascolto della musica. Ne parleremo con Paolo Besana, Capo Ufficio del Teatro alla Scala, Michele Dall’Ongaro Presidente dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Andrea Maulini, docente all’Università di Bologna e Barbara Minghetti, Direttrice Artistica del Macerata Opera Festival – Sferisterio.”

Ma “attirare” i giovani attraverso i social o app del cellulare non rischia di rinchiudere la loro attenzione dentro il piccolo schermo dello smartphone e allontanarli ulteriormente dalla fruizione dal vivo della musica?


“Il rischio c’è ma esistono anche delle esperienze virtuose in tal senso, penso a progetti portati avanti dal Teatro Regio di Parma e dai Berliner Philarmoniker, o da iniziative di grandi istituzioni come il Met che in questi anni hanno portato l’opera in diretta nei cinema di tutto il mondo. Poi, certo, la cosa migliore è portare la gente nelle sale da concerto: magari togliendo un po’ di polvere e svecchiando la ritualità come sta facendo Trame Sonore a Mantova.”

Parliamo di Art Bonus, un altro dei temi della tavola rotonda: si tratta di un incentivo fiscale che da alcuni anni premia chi effettua donazioni liberali a favore della cultura: che impatto sta avendo questa possibilità sui finanziamenti in particolare alle attività musicali?

“L’Art Bonus esiste dal 2014 e negli anni si è estesa molto la platea dei beneficiari: prima era destinato al patrimonio culturale, poi sono state incluse le Fondazioni Liriche, ora possono accedere anche orchestre e festival. Ciò che cercheremo di portare alla luce nella sessione dedicata è il fatto che bisogna professionalizzare la capacità di far tesoro di questo strumento presentando le realtà che hanno saputo sfruttarlo al meglio attraverso mirate campagne di comunicazione, come ad esempio il Kilowatt Festival per cui sarà presente Lorenzo Anania. E del lato tecnico pareremo con Carolina Botti, consulente del MiBACT proprio sul tema dell’Art Bonus, Irene Sanesi, commercialista.”


E per quanto riguarda il nuovo mecenatismo?


“Su quel tema abbiamo cercato realtà che ci portassero delle esperienze nuove e avessero spunti con ricadute immediate: Elena Gaboardi ci parlerà di Theresia e del sostegno dato a questo progetto musicale da parte di Fondazione ICONS, mentre Roberto Brazzale ci porterà l’esperienza “di famiglia” di imprenditori vicentini legati al mondo della musica e forti sostenitori di iniziative musicali sul loro territorio.”

Algoritmo della cultura, sì o no?

By Emilia Campagna - July 4, 2016
Una doppia sentenza del Tar del Lazio boccia il decreto con cui un anno fa il Ministero della Cultura aveva introdotto il controverso algoritmo per l'assegnazione dei finanziamenti, ma così facendo blocca tutti i contributi 2015

Vi ricordate la vicenda dell’algoritmo della cultura in base al quale lo scorso anno per la prima volta il Ministero della Cultura Italiana assegnò – in modo spesso sorprendente – i finanziamenti per il 2015? All’epoca molte associazioni culturali e istituzioni concertistiche che si erano viste tagliare inaspettatamente i fondi promisero ricorsi, che sono puntualmente arrivati.

In particolare, pochi giorni fa il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dal milanese Teatro Elfo-Puccini e dal Teatro Due di Parma e ha dunque bocciato il decreto ministeriale che dal gennaio 2015 regola la distribuzione dei finanziamenti statali (il Fus, 407milioni di euro), ovvero i contributi essenziali per teatro, musica, danza e circo italiani (escluse le fondazioni liriche e il cinema che hanno altri regolamenti), cancellando con un colpo di spugna l’ormai celebre e discusso algoritmo della cultura, che attraverso complicati calcoli sulla attività (quantitativa e qualitativa) assegnava il contributo alle singole realtà.

Il giudizio è sia sulla forma che sulla sostanza, perchè il tribunale amministrativo laziale ha considerato che il dm abbia prerogative amministrative e non di regolamento, non poteva cioè stabilire nuovi criteri di assegnazione del Fus; una forte critica va però anche dall’uso degli algoritmi: come recita un passaggio della sentenza, il collegio dei giudici “ritiene che questo sistema finisca con il rappresentare, di fatto, un’abdicazione al difficile ma ineludibile compito di una valutazione (percentualmente ma anche sostanzialmente) adeguata del fattore qualitativo, che solo può giustificare l’intervento finanziario statale in subiecta materia.”

Il Ministro Franceschini ha annunciato che impugnerà la sentenza, ma intanto la conseguenza immediata è il blocco di tutti i finanziamenti assegnati nel 2015: e dato che le commissioni non hanno ancora assegnato quelli per il 2016 sembra che per teatri e associazioni possa verosimilmente profilarsi un futuro di caos ancor più che di incertezza.

Good news for EUYO, Europe is going to save it

By theresia - June 1, 2016
Europe is going to find an immediate and sustainable solution in favor of the European Youth Orchestra funding

Good news for EUYO: as reported by Italian press agency Ansa, the European Commission has accepted a proposal from Italian Minister of Culture to resume funding for the European Union Youth Orchestra. As declared by Italian Minister Dario Franceschini, the Board of the EU Ministers of Culture has adopted the proposal submitted by the Italian Government to stabilize funding for the European Union Youth Orchestra and as reported yesterday in the midday press briefing, the President of European Commission has asked to Commissioners Georgieva and Navracsics to find an immediate and sustainable solution in favor of the European Youth Orchestra funding.

Taglio dei finanziamenti, EUYO a rischio chiusura

By Emilia Campagna - May 13, 2016
Il taglio dei finanziamenti porterà alla chiusura dell'Orchestra Giovanile dell'Unione Europea, fondata nel 1976

In un’Europa che alza muri verso lo straniero e coltiva crepe al suo interno, anche i musicisti hanno avuto il loro brutto risveglio. La notizia è rimbalzata ieri tra agenzie di informazione e siti specializzati: l’EUYO (European Union Youth Orchestra) è a rischio chiusura, con attività garantite solo fino al 1° settembre, e poi il nulla. La colpa è del completo taglio dei finanziamenti europei, comunicato con pochissimo preavviso. I singoli stati hanno assicurato che continueranno a sostenere le attività di EUYO, ma senza i 600000 euro annui garantiti dalla UE, l’orchestra non può proseguire le proprie attività.

EUYO è stata fondata nel 1976, quarant’anni fa, e fino al 2013 è stata sostenuta dall’Unione Europea come Amabasciatrice di Cultura. Nel 2014, una riforma dei sistemi di finanziamento della UE ha cambiato le cose, e l’orchestra è passata, con molto scetticismo ma senza possibili alternative, sotto il sostegno del nuovo programma “Creative Europe”: il 15 aprile di quest’anno EUYO è stata informata del taglio totale dei finanziamenti. Contando sul sostegno dei singoli stati, il consiglio direttivo dell’orchestra ha confermato gli impegni presi per l’estate 2016 (per quanto riguarda l’Italia sarà come ogni anno a Bolzano il 19 e 25 agosto nell’ambito del Bolzano Festival) ma sicuramente nulla è garantito per dopo l’estate.

Le reazioni naturalmente non sono mancate: per molti è una sconfitta dell’idea di Europa e delle politiche culturali illuminate che sono riuscite a resistere in questi anni, definitivamente affossate dalla burocrazia miope e rigida che governa Bruxelles.

Tuona polemico dal suo seguitissimo blog il critico Norman Lebrecht: “La decisione di Bruxelles di porre fine al finanziamento alla European Union Youth Orchestra ha tutte le caratteristiche di una pratica standard. È il motivo per cui così tanti cittadini europei odiano e disprezzano i propri organi di governo. Il taglio è arbitrario, irragionevole e destinato ad essere fatale, e l’orchestra non ha il tempo di trovare fonti alternative di finanziamento. Gli uomini dietro questa decisione non devono rispondere a nessuno: possono mantenere i loro posti indipendentemente dal risultato di ogni loro decisione. Chi è stato l’ultimo commissario europeo ad essere licenziato per incompetenza?” E fa i nomi dei risponsabili: “Il Commissario alla Cultura giovanile e allo Sport, Tibor Navracsics; Martin Schulz, Presidente del Parlamento Europeo e Presidente Onorario della EUYO; Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea.”

D’altra parte ci si interroga sul perchè non si sia pensato a dotare di forme di finanziamento alternativo un’istituzione così importante e affermata, lasciandola il balia delle pastoie e dell’incertezza della burocrazia europea.

In ogni caso è partita una mobilitazione per salvare l’orchestra, in nome non solo della musica ma degli ideali che stanno dietro la EUYO: promozione dei giovani e dell’integrazione europea. In moltissimi tra quanti sono passati tra le fila dell’orchestra (la “generazione di Abbado”) ricordano quale immensa opportunità abbia rappresentato questa esperienza.
EUYO chiama i suoi sostenitori a raccolta, invitandoli a scrivere agli uffici Europei e intraprendendo una raccolta fondi per garantire un futuro dopo l’estate.

Di cosa parliamo quando parliamo di mecenatismo

By Emilia Campagna - October 3, 2015
Una riflessione sul termine, mai così di moda, di "mecenate"

Il mecenatismo? Non è mai andato così di moda. Fioriscono gli appelli a “diventare mecenate”: è questo lo slogan lanciato dal Ministero per i Beni Artistici in Italia in occasione del varo dell’Art Bonus, e il termine ritorna frequentemente in campagne di crowdfunding o addirittura negli inviti ad associarsi. Ma si può diventare veramente “mecenati al costo di un aperitivo“? E il mecenatismo è sempre e solo una questione di soldi?

Alcune delle più recenti iniziative di mecenatismo culturale in Italia meritano una riflessione in tal senso. Come riportato da Dario Di Vico sull’edizione del 3 ottobre del Corriere della Sera “a Bologna si inaugura l’Opificio Golinelli, una cittadella della formazione di 9 mila metri quadri che l’industriale della farmaceutica (e filantropo) Marino Golinelli ha voluto donare alla sua città e alle giovani generazioni con l’intento esplicito di trasmettere lo spirito d’impresa e la cultura del saper fare.” E sempre a Bologna recentemente “Isabella Seragnoli ha creato lo spazio Mast dedicato alla fotografia e alla tecnologia e proprio in questi giorni di ottobre apre la Biennale di fotografia industriale.” Due investimenti dall’impegno economico rilevante, ma in cui i soldi non sono sicuramente tutto, perchè proprio per il loro ampio respiro, e lo sguardo lungo sulla formazione dei giovani, si configurano come progetti in cui le risorse non sono solo monetarie ma anche intellettuali, etiche e di passione civile: “Si tratta di iniziative molto diverse tra loro sia per l’ambito di interesse scelto sia per le motivazioni ma tutte insieme danno il senso di un movimento sviluppatosi in anni caratterizzati da un ciclo recessivo che non è riuscito evidentemente a spegnere slanci e passione civile degli imprenditori più attenti (quelli che una volta sarebbero stati definiti «illuminati)». Esperienze lontane da quelle della sponsorizzazione: se quest’ultima in fin dei conti si traduce in uno scambio, del tutto legittimo, tra sostegno economico e visibilità, il nuovo mecenate è protagonista di un proprio progetto. «Rispetto all’esperienza delle sponsorizzazioni — sintetizza Antonio Calabrò, responsabile del gruppo cultura di Confindustria — le imprese sono andate avanti. Nel pieno rispetto dell’autonomia creativa degli artisti fanno cultura innanzitutto per capire i segni del tempo, poi per rafforzare la propria identità e produrre ulteriore valore. E in questo movimento finiscono per svolgere una funzione pubblica».

Una riflessione in tal senso è quella pubblicata sul Giornale delle Fondazioni a seguito di un un tavolo di lavoro che durante il Forum dell’Arte Contemporanea Italiana ha cercato alcune risposte al tema. “Il mecenate storicamente è colui che ha la capacità di spendere nelle arti, forte di superiorità morale, educazione e conoscenza del bello, che lo rende a pieno titolo uomo “politico”. Cosa rimane di questo impianto? Chi sono i mecenati contemporanei e che ruolo hanno?” La “mappatura” emersa dal Forum disegna alcuni aspetti di come questa pratica si realizzi in un ambto così specifico come quello dell’arte contemporanea: “il mecenate contemporaneo abbraccia con uguale entusiasmo opere immateriali e performative, superando quella forma di mecenatismo che sembrava fare più rima con capitalismo dell’arte. Nel contempo, non sembra avere intenzione di influenzare la libertà dell’artista nel momento in cui l’intervento è inserito in una cornice di senso territoriale o tematica. L’elemento ancora più inedito sembra essere la comparsa – accanto ai “grandi mecenati” – di un’ondata di “mecenatismo diffuso”, potremmo dire di prossimità e senza la disponibilità di capitali ingenti.”

In conclusione, il mecenatismo è politica, nel senso più alto che questo termine può avere. I problemi maggiori però sorgono proprio nell’incontro tra pubblico e privato, nel momento in cui legislazioni e burocrazia non riescono a riconoscere il mecenatismo a meno che questo non si traduca in sostegno economico a determinati patrimoni, in particolare in Italia, in cui la paura dell’imbroglio è sempre dietro l’angolo. Eppure, i soldi non sono tutto e anche il tempo è ricchezza: e accanto al tempo,le idee e la passione: e senza queste ultime, pur con tanti soldi, Mecenate non avrebbe meritato il proprio nome.

Dalla Siae sostegno alla musica contemporanea

By Emilia Campagna - September 14, 2015
L'ente che nei fatti detiene il monopolio per i diritti d'autore in Italia si lancia in un progetto di sostegno alla musica contempoeanea

La notizia è di quelle belle: 300.000 euro di finanziamenti per tre anni destinati “a sostenere l’attività di ensemble, festival, stagioni concertistiche, case discografiche e centri di produzione elettroacustica che si dedicano al repertorio contemporaneo della musica colta“. E’ “Classici di oggi“, un progetto di promozione musicale targato Siae e che ha inteso premiare “le realtà musicali più meritevoli, in base all’attività svolta negli ultimi cinque anni, chiedendo loro di inviare una proposta per concorrere all’assegnazione di un contributo economico“.

Una commissione formata da Alessandro Solbiati, Guido Salvetti e Alessandro Magini ha selezionato i destinatari del finanziamento (assegnato su base annuale o triennale a seconda dei progetti presentati), riservandosi la possibilità di monitorare i risultati, di individuare eventuali ulteriori operatori a cui destinare il sostegno economico per le successive annualità o di rimodulare la quota attribuita, in funzione della variazione del numero dei beneficiari.
Questi i dodici selezionati: sette ensemble (Divertimento Ensemble di Milano, Fondazione Prometeo di Parma, New Made Ensemble di Milano, Ex Novo Ensemble di Venezia, Associazione per la Musica Contemporanea Curva Minore di Palermo, Ensemble Dedalo di Brescia, Ensemble Sentieri selvaggi di Milano), due case discografiche (Stradivarius Milano Dischi S.r.l. ed EmaRecords Music di Firenze) e tre centri di produzione elettroacustica (Edison Studio di Roma, Tempo reale di Firenze, Agon Acustica Informatica Musica di Milano).

Il meritorio progetto di finanziamento e sostegno alla contemporanea non placa però le polemiche che regolarmente si levano nei confronti della Siae. Alcuni la amano, in molti la subiscono, altrettanti la detestano: dici “Siae” in Italia e i moti di insofferenza non si contano. Perchè l’ente che si occupa della gestione dei diritti degli autori e degli editori è spesso da più parti criticato come obsoleto o addirittura inadeguato; c’è chi ne denuncia il privilegio monopolistico di fatto, grazie ad una legge del 1941. E’ vero che una sentenza del 2014 ha stabilito in virtù della libera circolazione dei beni e delle idee sul territorio europeo non si può impedire a una società con sede all’estero di occuparsi di diritti d’auore: infatti il monopolio Siae scricchiola sotto le frecce della piccola startup Soundreef, ma solo perchè quest’ultima – costituita da giovani italiani – ha sede a Londra. Se fosse in Italia sarebbe già fuori legge.

Ma le polemiche più accese sono quelle che si sono scatenate qualche anno fa all’indomani dell’approvazione di un nuovo statuto che sostanzialmente consegna il potere assoluto di gestione nelle mani di pochi “ricchi”: unico ente pubblico costituito su base associativa (dagli stessi artisti ed editori iscritti), il nuovo statuto Siae al comma 2 dell’art. 11 prevede una diabolicamente geniale negazione del principio democratico: “Ogni associato ha diritto ad esprimere nelle deliberazioni assembleari almeno un voto e poi un voto per ogni euro (eventualmente arrotondato per difetto) di diritti d’autore percepiti nella predetta qualità di associato, a seguito di erogazioni della società nel corso dell’esercizio precedente”: ed anche se il comma successivo cerca di limitare il richio di monopolio da parte di singoli (“In nessun caso ciascun Associato può esprimere voti in misura superiore al quarantesimo dei voti in astratto esprimibili in ciascuna singola votazione“) in questo modo si attribuisce agli associati in favore dei quali vengono ripartiti maggiori introiti il potere – pressoché assoluto – di controllo dell’Ente.